8 Marzo 2017
Un’etichetta anche per il grano tenero: l’appello di Coldiretti Mantova

“Si cominci a pensare a un’etichetta d’origine anche per il grano tenero”. L’ha detto Paolo Carra, Presidente di Coldiretti Mantova, facendo le prime previsioni sulla raccolta del frumento. Le temperature rigide dei mesi scorsi e il clima mite di questi giorni fanno ben sperare per la crescita delle piantine di frumento. L’unica incognita rimane, ovviamente, la siccità. Ma a preoccupare i produttori, in questo momento, è soprattutto il mercato, che non garantisce la giusta remunerazione. Nella campagna 2016 i prezzi sono stati praticamente dimezzati per effetto delle speculazioni e della concorrenza sleale del grano importato dall’estero.

Nel giro di un anno le quotazioni del grano tenero hanno perso il 19 per cento del valore mentre si registra un calo del 43 per cento del prezzo del grano duro. Un crack senza precedenti – denuncia Coldiretti – con i compensi degli agricoltori che sono tornati ai livelli di 30 anni fa, a causa delle manovre di chi fa acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da "spacciare" come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell'obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato. Il risultato è che oggi il grano duro - continua la Coldiretti - viene pagato anche 18 centesimi al chilo mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo.

Ben venga, quindi, l’indicazione d’origine per il grano usato per produrre la pasta, in attesa di approvazione da parte dell’Europa. Ma è urgente intervenire anche sulla filiera del grano tenero, per evitare il collasso non soltanto di centinaia di aziende agricole mantovane, che coltivano grano tenero su una superficie di circa 19 mila ettari, ma anche dell’intero comparto della panificazione, che acquistando materie prime anonime provenienti dall’estero rischia di perdere appeal nei confronti dei consumatori.

“Abbiamo avuto l’esempio del latte, che grazie all’introduzione dell’origine in etichetta sta vivendo un momento positivo – aggiunge Carra -. Dobbiamo puntare su questa indicazione anche per le altre filiere. Poi il consumatore potrà scegliere se acquistare la qualità italiana oppure accontentarsi del cibo prodotto con materie prime straniere, con tutto ciò che questo comporta in termini di qualità organolettiche e salubrità”.

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