Un risultato che risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani che secondo la consultazione pubblica online del Ministero dell’agricoltura in più di 9 casi su 10 – sottolinea Moncalvo - considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione. Un risultato che - continua Moncalvo - arriva a undici anni esatti dall’introduzione dell’obbligo di indicare l’origine per il latte fresco fortemente voluto dalla Coldiretti anche per sostenere i consumi di un alimento fondamentale nella dieta degli italiani. Con l’etichettatura di origine - precisa Moncalvo - si dice finalmente basta all’inganno del falso Made in Italy che riguarda tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.
1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt che – sottolinea la Coldiretti - è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione.
Ad essere tutelati sono anche i consumatori italiani che hanno acquistato nel 2015 - secondo una analisi della Coldiretti - una media di 48 chili di latte alimentare a persona mentre si posizionano al settimo posto su scala mondiale per i formaggi con 20,7 chilogrammi per persona all’anno dietro ai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri. L’obbligo di indicare l’origine in etichetta - continua la Coldiretti - salva dall’omologazione l’identità di ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la straordinaria biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale
Ad essere tutelati - conclude la Coldiretti - sono 120mila posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi che è la voce più importante dell’agroalimentare italiano dal punto di vista economico, ma anche da quello dell’immagine del Made in Italy. La scelta di trasparenza fatta in Italia è importante per essere piu’ forti anche nella lotta all’agropirateria internazionale sui mercati esteri dove i formaggi Made in Italy hanno fatturato ben 2,3 miliardi (+5%) nel 2015.
La giornata milanese ha visto protagonisti anche un migliaio di agricoltori mantovani, in rappresentanza di tutti i settori, dall’allevamento alla cerealicoltura, fino al vitivinicolo e all’ortofrutta. “E’ un risultato ottenuto grazie all’impegno e alla lungimiranza di Coldiretti – commenta il Presidente di Coldiretti Mantova Paolo Carra –, che risponde alle richieste dei consumatori. Sappiamo che l’Italia non è autosufficiente, e per questo non sono certo contrario alle importazioni, ma è giusto che sia chiara l’origine di ciò che gli italiani mettono nel carrello della spesa. Mi auguro che ora si possa pensare a un’etichetta anche per gli altri prodotti della terra”.
Sarebbe un modo, questo, per valorizzare le produzioni di aziende che altrimenti, anche nel Mantovano, rischiano il tracollo a causa di prezzi non più remunerativi. E’ il caso dei pomodori da industria: “Il prezzo è calato molto rispetto all’anno scorso – commenta Graziano Crema, 52 anni, titolare di un’azienda di Ceresara – ma i costi non diminuiscono. Serve più coesione nella contrattazione, regole uguali per tutti e meno burocrazia”. Prezzi in calo anche per il riso: “I prezzi del vialone nano sono calati del 50% rispetto all’anno scorso – dice Andrea Casarotti, 42 anni, titolare della società agricola Casarotti di Canedole di Roverbella - purtroppo entrano quintali di riso asiatico saturando il mercato. Resiste chi, come noi, trasforma il riso in azienda. Quello che chiediamo è trasparenza sulla provenienza ed equilibrio nella distribuzione del reddito tra le diverse parti della filiera”. Valorizzazione del prodotto è quanto chiedono anche i vitivinicoltori: “Il prezzo del lambrusco è troppo basso – spiega Artemio Benetti, 61 anni, titolare di un’azienda che produce lambrusco su 4 ettari a San Giovanni Del Dosso - e a questo problema si è aggiunto il venire meno di mercati importanti come la Russia e il Brasile. Speriamo che gli accordi sul Ttip non ci danneggino ulteriormente”.