Oltre 50 milioni di euro persi in due anni. E’ questo il buco nero delle esportazioni agroalimentari lombarde in Russia da quando è iniziato l’embargo. Il valore dei prodotti spediti a Mosca – spiega un’analisi della Coldiretti regionale su dati Istat – è crollato dai 117 milioni di euro del 2014 ai 62 milioni dell’anno scorso e il calo è confermato anche dal primo trimestre del 2016 che ha fatto registrare una perdita di un altro mezzo milione di euro rispetto allo stesso periodo del 2015.
“Facevo 3 mila quintali di mele Granny Smith: ne esportavo più del 90% in Russia e una piccola parte in Gran Bretagna. A causa dell’embargo sono stato costretto a interrompere la produzione, perché è un tipo di mela che sul mercato italiano non ha successo. Adesso faccio circa 3 mila quintali di kiwi. Il prodotto è perfetto, ma purtroppo stiamo subendo l’invasione dei kiwi greci. Esportavamo molto, fino all’80%, in Paesi come la Germania, ma adesso anche i tedeschi acquistano dalla Grecia, che ha perso come noi il mercato russo e vende a prezzi stracciati” racconta Giuseppe Mitta Lindo, 57 anni, agricoltore di Castiglione delle Stiviere (Mantova).
La guerra commerciale con la Russia ha colpito duramente l’agroalimentare Made in Italy con un taglio delle esportazioni stimato in 600 milioni di euro nell’arco di due anni, dovuto per circa la metà al completo azzeramento delle spedizioni di ortofrutta, formaggi, latticini, carni e salumi italiani interessate direttamente dall’embargo. Nel corso dei due anni di embargo - stima la Coldiretti - sono stati “respinti” dalle frontiere russe 39,4 milioni di chili di mele italiane, soprattutto della varietà Granny Smith dal colore verde intenso e sapore leggermente acidulo, ma anche 29,5 milioni di chili di uva da tavola, 29,9 milioni di chili di kiwi, 2,8 milioni di chili di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, 14,2 milioni di chili di pesche e nettarine e 85mila prosciutti di Parma e San Daniele a denominazione di origine.
“Come è evidente la guerra commerciale con Mosca non ci fa bene, considerato che nel 2013 esportavamo dalla Lombardia quasi 140 milioni di euro in prodotti agroalimentari contro i 62 milioni attuali - spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – e, come se non bastasse, adesso la Brexit rischia di incidere anche sugli oltre 484 milioni di euro di cibo e bevande che mandiamo ogni anno nel Regno Unito. Servono quindi misure straordinarie per tutelare le nostre aziende e per appianare i rapporti con Mosca, dove, fra l’altro si stanno lanciando in produzioni che imitano il nostro Made in Italy e ci tolgono fette di mercato che sarà poi difficile recuperare”.
Infatti lo stop alle importazioni di frutta, verdura, salumi e formaggi dall’Italia ha provocato in Russia un vero boom nella produzione locale di prodotti Made in Italy taroccati, dal salame Italia alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola Unagrande, ma anche la mortadella Milano o il Parmesan tutti rigorosamente realizzati in Russia. Alla crescente domanda di prodotti agroalimentari italiani, la Russia - sottolinea la Coldiretti - sta rispondendo con un potenziamento dell’industria alimentare locale e nuovi investimenti sono stati realizzati per aumentare la produzione di formaggi, che è già cresciuta del 20 per cento negli Urali Centrali, ma sono previsti nuovi caseifici nella regione Sverdlovsk per coprire fabbisogni di formaggi duri e molli, dalla mozzarella al parmigiano. Nella stessa regione è in fase di sviluppo, con nuovi grandi macelli per maiali, anche l’industria della carne e dei salumi. “Russkiy Parmesan” viene prodotto insieme al gorgonzola a 60 chilometri da Mosca nel villaggio di Dubrovskoe, ma nelle principali catene del Paese - informa la Coldiretti – sono in vendita con nomi italiani mozzarella, ricotta, mascarpone, robiola Made in Russia, ma anche diversi tipi di salame Milano (миланская), di mozzarelle “ciliegine”, di scamorze (скaморЦa), insalata toscana (Тоскана) Buona Italia e pizza Sono Bello Quatro formaggi con tanto di errore grammaticale ma anche il prosecco della Crimea.
A potenziare la produzione del falso Made in Italy non è stata però solo l’industria russa ma – sottolinea la Coldiretti - anche molti Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo come la Svizzera, la Bielorussia, l’Argentina o il Brasile che hanno aumentato le produzioni e le esportazioni di cibi italiani taroccati nel Paese di Putin. In Russia - precisa la Coldiretti - è possibile comprare scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e Gorgonzola di produzione Svizzera e Parmesan o Reggianito di origine Brasiliana o Argentina. Lo stesso ministro dell’agricoltura russa ha confermato che è stata potenziata la produzione di prodotti lattiero caseari in modo da sostituire quelli che un tempo venivano dall’Italia e dal resto d’Europa.