C’era una volta il fieno maggengo, così chiamato perché si raccoglieva a maggio. L’annata 2023, con il clima impazzito, la marcata siccità alla quale hanno fatto seguito settimane di precipitazioni, hanno costretto gli agricoltori ad allungare i tempi di raccolta, al punto che il primo sfalcio di fieni ed erbai deve essere ancora completato. Lo rileva Coldiretti Mantova, mettendo in luce la criticità del fenomeno meteorologico e le conseguenze, in particolare in una provincia come Mantova che li utilizza per la razione alimentare dei bovini.
Le ripercussioni rischiano di abbattersi tanto nell’area del Grana Padano quanto in quella del Parmigiano Reggiano, che pure hanno approcci differenti nella gestione degli erbai e del fieno di medica.
“L’andamento stagionale ha registrato anomalie climatiche e fondamentalmente siamo indietro con gli sfalci – commenta Kristian Minelli, allevatore di San Benedetto Po con 340 capi allevati e 350 ettari coltivati -. Tanto gli erbai quanto la medica hanno risentito dei ritardi sulla raccolta, con ripercussioni anche sul piano qualitativo, oltre che quantitativo”. Con la pioggia intermittente diventa difficile asciugare il fieno all’aria e per chi produce latte destinato a Parmigiano Reggiano viene meno per disciplinare la possibilità di tagliarle il fieno e fasciarlo, così da utilizzarlo come insilato.
La produzione scarsa e dilatata sul calendario ha ripercussioni anche sul prezzo. “Già venivamo da un’annata come quella del 2022, in cui la siccità aveva ridotto le produzioni in campo – prosegue Minelli -. Il rallentamento nella raccolta del primo taglio di questa stagione ha costretto molti allevatori a utilizzare i fieni dell’anno scorso, reperiti comunque a prezzi elevatissimi e oggi anche difficilmente reperibili, dal momento che in un’annata meteo normale avremmo già la disponibilità del prodotto maggengo”.
Uno scenario che pesa e che è ulteriormente aggravato dall’alluvione in Romagna, una zona tradizionalmente vocata alla produzione di fieno, destinato alla zootecnia del Nord Italia, dove i vincoli di utilizzo sono meno stringenti rispetto all’area del Parmigiano Reggiano.
Situazione difficile anche per il comprensorio del Grana Padano. Lo testimonia Stefano Pezzini, allevatore con 450 bovine a Cavriana e presidente della latteria San Pietro. “La stagione è partita male – osserva – prima la siccità, poi la pioggia che ha portato in fondo i processi di maturazione dei prati, ma con i terreni costantemente bagnati abbiamo perso il momento migliore per il taglio”. Morale: “La qualità del foraggio non c’è, siamo di fronte a un’annata pessima e prevediamo tensione sui mercati, perché di prodotto ce ne sarà poco, tenuto conto che il primo sfalcio rappresenta il 50% della produzione di tutto l’anno”.
Lo sguardo è rivolto al cielo. “Nelle zone più ghiaiose lo sfalcio è partito in ritardo e non si è ancora concluso e spesso l’essiccazione naturale è tirata sui tempi, perché vi sono finestre molto brevi tra una perturbazione e l’altra e qualche allevatore ha dovuto mettere in funzione gli essiccatoi per avere prodotto di alta qualità, con un aggravio dei costi”.