1 Dicembre 2023
01/12/2023 – Genomica: la nuova frontiera della zootecnia per migliorare il benessere animale 

La ricerca punta a ridurre le emissioni e migliorare salute e longevità 

Il mondo del latte scommette sulle nuove frontiere della zootecnia e investe per migliorare la situazione complessiva delle bovine in stalla. Produrre di più è un concetto ormai superato, fa molto anni Ottanta e Novanta. “Oggi gli allevatori di vacche da latte investono moltissimo e il 30-40% della spesa riguarda il benessere animale – afferma il presidente di Coldiretti Mantova, Fabio Mantovani, che è a sua volta un produttore di latte -. Si punta a migliorare ad ampio spettro in tema di animal welfare, che significa non sono solo maggiori spazi, minore densità di animali in stalla, ventole per il raffrescamento potenziate, doccette, vasche per una costante disponibilità di acqua. Significa anche puntare sulla genetica, la genomica, la selezione dei capi per una finalità che non è tanto produttiva, ma innanzitutto legata al benessere dell’animale, arti e piedi sani, fertilità, longevità, resistenza agli stress da cambiamenti climatici, incremento della proteina per la caseificazione per chi vende il latte per la produzione di formaggio. Per non dimenticare del miglioramento metabolico degli animali, così da ridurre l’impatto ambientale e le emissioni”. 

Quello della selezione genetica è un mondo dove passione e redditività si intersecano, perché l’obiettivo principale, nella zootecnia da reddito, secondo le parole del professor Martino Cassandro, direttore generale di Anafibj, l’Associazione nazionale degli allevatori di razza Frisona italiana, Bruna e Jersey, resta “migliorare il profitto aziendale, attraverso animali sani”. Gli obiettivi, però, possono variare da stalla a stalla. Difficile che gli allevatori rilevino quanto investono nei Piani di accoppiamento, ma di certo, spiega Matteo Zilocchi, allevatore di Pegognaga con 1.100 bovine (delle quali 500 in lattazione) per la produzione di Parmigiano Reggiani, “dopo l’alimentazione, la manodopera, l’energia, la genetica o la genomica, branca del settore che permette di accorciare i tempi della selezione, è una voce di tutto riguardo per chi vuole avere determinati risultati in stalla”. 

Zilocchi è appena tornato dalla 15ª Conferenza mondiale delle associazioni di razza Frisona, con la delegazione di Anafibj, in cui “è stata posta grande attenzione al tema della riduzione delle emissioni da parte degli allevamenti e alla sostenibilità ambientale, all’interno di un processo che vede comunque l’agroalimentare pesare per il 10% sul totale delle emissioni, a che comunque il nostro settore vuole affrontare con responsabilità”. 

Roberto Chizzoni, allevatore di Bozzolo con una stalla da quasi 2.000 capi, dei quali 920 in lattazione, mette al prima posto “la longevità degli animali, in linea con le aspettative dei cittadini: oggi siamo a 2,5 lattazioni di media, puntiamo ad arrivare a 3 lattazioni, mantenendo naturalmente i cosiddetti fondamentali per gli animali a posto, quindi arti e piedi, mammella, capezzoli idonei per la mungitura con la giostra, dati complessivi di salute positivi”.  

Stalla innovativa e all’avanguardia, visitata in questi giorni da delegazioni di studenti dell’Università olandese di Wageningen (una delle più rinomate a livello mondiale per il settore agrio-zootecnico) e da allevatori canadesi, Chizzoni punta dopo una forte crescita dimensionale vuole tornare “a vendere genetica, come facevamo in passato”. 

Per migliorare le performance di crescita genetica, Chizzoni ricorre talvolta all’embryo-transfert, soluzione che prevede l’impianto di embrioni in bovine meno funzionali sul fronte de e cerchiamo di favorire la crescita della mandria, così da aumentare le performance. 

Giuseppe Freretti, allevatore di Canneto sull’Oglio, non si affida a una realtà che vende seme, ma si fa costruire i piani di accoppiamento su misura, cercando “i migliori tori selezionati in base alle classifiche internazionali, studiando con attenzione gli aspetti che come stalla vogliamo valorizzare e tenendo presente che ogni anno vendiamo, grazie ad un livello di sanità degli animali particolarmente elevato, circa 130-140 bovine ai colleghi allevatori”. 

La selezione italiana, grazie all’Associazione italiana allevatori, ai centri di ricerca universitari (Università Cattolica di Piacenza, Università della Tuscia e di Palermo), agli Istituti zooprofilattici di Perugia e di Teramo, si è resa protagonista del progetto Leo di raccolta ed elaborazione di “Open data” assolutamente all’avanguardia e che potrebbe rappresentare un modello da adottare in chiave europea. “Abbiamo raccolto e esso a disposizione degli allevatori, delle istituzioni, dei centri di ricerca, dei decisori politici una ingente quantità di numeri – precisa il direttore di Aia, Mauro Dondache non solo servono ai produttori per migliorare l’efficienza produttiva, ma permettono di migliorare il metabolismo dell’animale, contenere le emissioni per litro di latte prodotto, favorire il benessere animale, ma allo stesso tempo possono indirizzare i decisori politici per tutelare il ruolo effettivo della zootecnia”. 

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