Grazie alla produzione nazionale, l’Italia - sottolinea la Coldiretti - è praticamente autosufficiente per il consumo di uova, che è risultato pari in media a 13,8 chili a persona, un quantitativo pari a più del doppio di quello del dopoguerra. In termini numerici nel 2014 ogni italiano ha consumato in media 218 uova, delle quali 142 tal quali mentre le restanti sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari.
La produzione nazionale è garantita dalla presenza di oltre 49 milioni di galline che garantiscono l’autosufficienza secondo Assoavi, l’associazione che ha come scopo quello di tutelare e valorizzare la produzione e la commercializzazione dei prodotti, nonché di rappresentare i produttori associati nei confronti della Pubblica. In Lombardia gli allevamenti sono poco meno di 800, per oltre 13 milioni di capi e una produzione stimata di circa 3 miliardi e 900 milioni di uova l’anno (un terzo della produzione italiana). In provincia di Mantova gli allevamenti di galline ovaiole sono 57, i capi allevati sono più di 2 milioni e 200 mila e garantiscono una produzione di oltre 600 milioni di uova.
Conferma le buone prospettive di mercato Massimo Sbalchiero, titolare con i fratelli Gianni e Marco dell’azienda di famiglia, realtà all’avanguardia che alleva 145 mila galline e produce circa 140 mila uova al giorno: “Le uova italiane sono molto ricercate per la qualità e per la carenza di uova sul mercato internazionale. Negli Stati Uniti l’aviaria ha causato l’abbattimento di 70 milioni di capi e lo stesso problema si è verificato in Turchia”.
Le uova di gallina – prosegue poi la Coldiretti - hanno rinnovato la gamma delle tipologie offerte e il proprio styling, ma sono anche all’avanguardia nel sistema di etichettatura obbligatorio a livello europeo che consente di distinguere tra l'altro la provenienza e il metodo di allevamento con un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all'aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice ISTAT del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell'allevatore. A queste informazioni si aggiungono - continua la Coldiretti - quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S).