27 Marzo 2014
Regione e Coldiretti per rilanciare la pioppicoltura

Carra: il comparto mantovano non sta attraversando uno dei momenti migliori della sua storia a causa della bassa remunerazione del legname “Made in Italy” e dall’import di materia prima di bassa qualità a costi inferiori.

Il 29 gennaio scorso le regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Piemonte hanno sottoscritto, a Venezia, un'intesa per lo sviluppo della filiera del pioppo finalizzata all'aumento della superfici attualmente coltivate e ad un maggior riconoscimento dei vantaggi economici ed ambientali derivanti dalla coltivazione di questa specie arborea. L'accordo è stato siglato anche da Coldiretti unitamente all’Associazione pioppicoltori italiani, al Cra-Istituto per la pioppicoltura, ad Assocarta ed a Federlegno-Arredo.
L’intesa rappresenta un punto di partenza per lo sviluppo di azioni ed iniziative volte a valorizzare una produzione ed un settore non sufficientemente considerato ma che può vantare, sui mercati internazionali, il riconoscimento di eccellenza della pioppicoltura italiana.

“Il comparto pioppicolo non sta attraversando uno dei momenti migliori della sua storia – afferma Paolo Carra presidente Coldiretti Mantova – e il calo delle richieste di pioppo, trend che viene registrato anche a livello nazionale, e le difficoltà economiche delle due maggiori aziende di lavorazione che erano il principale riferimento per la produzione mantovana, espone i nostri produttori al rischio di non riuscire a collocare il prodotto in modo remunerativo. Viste le crescenti problematiche e la scarsa richiesta di materia prima legnosa, anche per i produttori storici di pioppo risulta difficile effettuare delle scelte produttive. Non è facile decidere di investire in nuovi impianti – conclude Carra - in considerazione del clima di incertezza che ruota intorno al settore e sul fronte temporale visto che la collocazione del prodotto a maturazione avverrà tra una decina di anni”.

Anche Gianfranco Baboni, pioppicoltore di Marcaria, concorda con le preoccupazioni espresse dal presidente Carra. “Con la chiusura di due importanti aziende di lavorazione del pioppo – afferma Baboni - si è ridotta la concorrenza tra gli acquirenti che oggi sono nelle condizioni di “fare cartello” decidendo i prezzi di acquisto senza alcuna possibilità di contrattazione da parte degli agricoltori. Le quotazioni sono ferme da almeno un ventennio e non soddisfano i produttori che subiscono una forte concorrenza dal legname estero che, essendo di minor qualità rispetto a quello italiano, costa di meno. All’estero – continua Baboni – la manodopera ha costi inferiori rispetto all’Italia e i disciplinari di produzione sono meno rigorosi dei nostri. Oggi, per i produttori italiani è molto difficile riuscire a stare sul mercato. Il legno meno pregiato di basso prezzo viene utilizzato nei pannelli e nel compensato per formare lo strato intermedio e poi ricoperto con pioppo italiano di maggior pregio. Tuttavia, la miglior qualità delle nostre piante non ha un riscontro economico sufficiente. Per questo – conclude Baboni - dobbiamo sperare che l’accordo sottoscritto a gennaio da Coldiretti con le cinque Regioni produttive e con le associazioni di settore possa invertire la tendenza rilanciando e valorizzando la pioppicoltura italiana”.

Un settore che ha bisogno di una radicale inversione di tendenza, non solo dal punto di vista remunerativo, ma anche sul fronte delle superfici coltivate che, in un decennio, hanno visto crollare di oltre il 50% gli ettari investiti a pioppo.

Superficie investita a pioppo
ETTARI - Anno 2000
ETTARI - Anno 2010
VARIAZIONE in %
ITALIA
83.368
39.308
-53 %
LOMBARDIA
26.790
12.615
-53 %
MANTOVA
8.078
4.000
-50 %
 

Elaborazione Coldiretti su dati del censimento Generale dell’Agricoltura

In termini di richiesta di legno dall’industria, il fabbisogno complessivo di legname di pioppo è di 1,7 milioni di tonnellate, pari a 2,25 milioni di metri cubi, che vengono destinati a produrre compensato (37%), carta (15%), pannello truciolare (10%), osb (11%), imballaggi ortofrutticoli (7%), legno segato (6%), energia (14%). Per soddisfare tale richiesta annua servono 2,5 milioni di piante, ovvero 11.500 ettari di pioppeti. L’Italia ha pertanto un deficit produttivo del 65% e servirebbero 115mila ettari contro gli attuali 40mila.

La strategia per il rilancio della pioppicoltura deve passare anche dalla considerazione dei benefici ambientali prodotti dalla coltivazione del pioppo. Tale aspetti risultano essere, ad esempio, il minor impatto in termini di concimazioni e di principi attivi rispetto ad altre colture agrarie; la valorizzazione di aree e terreni marginali che altrimenti andrebbero incontro a fenomeni di degrado ed abbandono;
la riduzione della pressione su altre risorse naturali (es: bosco) per l’approvvigionamento di legname; la capacità di contrastare il degrado ambientale attraverso l’azione di filtro (biofiltro) esercitata sulle acque e sui suoli contaminati dai più svariati agenti inquinanti; la protezione e conservazione del suolo rispetto all’erosione ed agli eventi alluvionali.

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